Più trasparenza per salvaguardare gli interessi dei consumatori, è questo che chiede il Cnb (comitato nazionale di bioetica) nella Dichiarazione sull’etichettatura dei preparati omeopatici e sulla trasparenza dell’informazione che è stata appena pubblicata sul sito web della presidenza del consiglio. Viene richiesto infatti di tradurre in italiano il nome tradizionale dei “principi attivi” e di modificare la dicitura “medicinale omeopatico” con “preparato omeopatico” e di specificare chiaramente che l’efficacia dei rimedi omeopatici non è mai stata dimostrata. Ad oggi la dicitura utilizzata è infatti “Medicinale omeopatico senza indicazioni terapeutiche approvate”, che per il comitato andrebbe sostituita con la migliore “preparato omeopatico di efficacia non convalidata scientificamente e senza indicazioni terapeutiche approvate”.
La presa di posizione arriva in occasione della necessità di rinnovare l’autorizzazione alla messa in commercio dei preparati omeopatici entro il 30 giugno 2017, come previsto dalla legge di stabilità del 2015 (Legge 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 590).
Immediata l’ovvia levata di scudi da parte delle associazioni di settore, che invocano non meglio precisati “studi scientifici” a supporto dell’efficacia della loro merce. La letteratura scientifica seria non lascia però spazio a dubbi: l’omeopatia non funziona.
Buona parte degli omeopati sfruttano infatti la buona fede dei consumatori per vendere prodotti che non sono costituiti da altro che acqua e zucchero, in particolare sfruttando la comune confusione che si fa tra prodotti omeopatici e fitoterapici. Mentre questi ultimi – che sono basati su estratti e derivati di erbe e piante officinali – hanno una efficacia largamente riconosciuta dal mondo scientifico, i rimedi omeopatici sono basati principalmente sulla convinzione scientificamente infondata che l’acqua conservi magicamente la “memoria” del preparato col quale è venuta a contatto, anche se non più presente nel prodotto finale. La preparazione di un rimedio omeopatico consiste infatti in una serie di diluizioni estremamente spinte, ognuna seguita da una fase di “dinamizzazione” (cioè, in italiano corrente, di mescolamento), che portano la soluzione finale a non contenere più nemmeno una sola molecola del principio attivo di partenza. Dal punto di vista chimico in un rimedio omeopatico non c’è nessuna traccia della soluzione madre di partenza, ma solamente acqua ed eccipienti, spesso semplicemente zucchero.
Per fare un esempio pratico, un rimedio “15C” è diluito 10015 volte, cioè la concentrazione finale è 1/1000000000000000000000000000000 volte quella iniziale.
Inoltre molti consumatori, che spesso afferiscono all’ambiente salutista/vegano, non sono consapevoli che alcuni di questi prodotti sono basati su prodotti di derivazione animale, come il famoso Oscillococcinum la cui soluzione madre è un estratto di cuore di anatra (sebbene, come detto in precedenza, nel prodotto finale non ci sia nemmeno una singola molecola della soluzione ladre).
La decisione del Cnb, che per il momento è solo un parere e non una decisione vincolante, segue le orme del nuovo regolamento che la Federal Trade Commission (FTC) statunitense ha varato nel novembre 2016 e con il quale veniva imposto ai produttori di scrivere a caratteri cubitali sulle confezioni che i preparati omeopatici erano inefficaci per qualunque patologia.