Da molti anni sappiamo che l’utilizzo del petrolio per l’industria dei trasporti comporta notevoli problemi ambientali. L’economia dell’idrogeno è ancora molto lontana, nonostante tutti i prototipi in circolazione, a causa dei gravi problemi energetici legati sia alla produzione dell’idrogeno, alla sua distribuzione che al suo immagazzinamento. L’idrogeno infatti viene ancora prodotto a partire dal gas naturale, deve poi essere purificato attraverso una serie di processi costosi e dispendiosi in termini energetici, distribuito utilizzando meccanismi appositi e poi conservato in bombole ad alte pressioni all’interno dell’autovettura. All’interno di questa alimenta una fuel cell, una cella a combustibile, che consente all’idrogeno e all’ossigeno dell’aria di scambiarsi elettroni in maniera controllata – contrariamente a quanto accade in una normale combustione – in modo da poterli usare per generare il lavoro elettrico necessario per alimentare l’automobile.

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Da ormai vent’anni si stanno quindi cercando altre alternative, ed una di queste è il metanolo. Sebbene le fuel cell a metanolo siano meno efficienti e la sua produzione complessa, è più sicuro, facile da trasportare e non necessità di rivoluzionare completamente la rete di distribuzione.
In un articolo uscito su Science il 5 maggio 2017, Selective anaerobic oxidation of methane enables direct synthesis of methanol, a firma di Vitaly L. Sushkevich, Dennis Palagin, Marco Ranocchiari e Jeroen A. van Bokhoven, ricercatori del Paul Scherrer Institut e del ETH di Zurigo, gli scienziati dimostrano come è possibile convertire direttamente il metano in metanolo tramite un processo che coinvolge un solo stadio e che sembra molto più conveniente di quello in uso oggi, sebbene questa ricerca per il momento sia stata condotta solo in scala di laboratorio e non è quindi detto con certezza che si riveli proficua anche su scala industriale.
La sintesi standard del metanolo parte dal gas naturale, contenente principalmente metano (CH4), e richiede almeno due stadi: prima l’ossidazione ad alta pressione e temperatura del metano a syngas – cioè ad una miscela di monossido di carbonio (CO) e idrogeno (H2) – e successivamente da questa miscela si ottengono metanolo e altri idrocarburi liquidi attraverso altre reazioni, come in quello chiamato Fischer-Tropsch. Questo processo era nato negli anni ’20 del 1900 ed è poi stato sviluppato e utilizzato dai nazisti durante la seconda guerra mondiale per ottenere combustibile. Oggi è utilizzata molto poco e sono preferite altre vie, che partono sempre dal syngas, per ottenere le 21 tonnellate di metanolo annuali che oggi sono necessarie.
Il metodo di Sushkevich e colleghi non richiede la prima fase di trasformazione in syngas, che è possibile solo quando si lavora in larga scala, permettendo così di trasformare anche il metano

prodotto localmente e in piccola quantità, evitandone così la dispersione e salvaguardando l’ambiente (il metano ha un effetto serra 25 volte maggiore rispetto la CO2), utilizzando inoltre acqua come fonte di ossigeno.
La loro idea consiste nell’utilizzo di un catalizzatore a base di una zeolite, la mordenite, contenente ioni rame, che permette di utilizzare l’acqua come fonte di ossigeno per l’ossidazione del metano a metanolo (CH3OH), contrariamente agli altri metodi che richiedono ossidanti forti e tossici per l’ambiente.
Le zeoliti sono minerali che hanno la particolarità di avere una struttura porosa. Si tratta di alluminosilicati, cioè sono minerali formati principalmente da alluminio e silicio, e sono utilizzatissime nella catalisi proprio per la loro porosità. Questa porosità è presente a livello microscopico, cioè è legata proprio alla struttura molecolare che presenta queste cavità, all’interno delle quali possono avvenire molti processi catalitici. La mordenite, utilizzata in questo lavoro, è per esempio già utilizzata nell’industria petrolchimica per altre applicazioni. Dopo la preparazione e l’attivazione del catalizzatore, la reazione procede in condizioni decisamente più blande rispetto l’ossidazione a syngas e con una selettività del 97%. Durante la reazione il metano riesce a strappare un ossigeno dalla zeolite con l’assistenza degli ioni rame (Cu2+), attraverso un meccanismo che si conclude con l’acqua che restituisce l’ossigeno alla zeolite permettendo il procedere della reazione. Oltre al metanolo l’unico sottoprodotto è inoltre proprio l’idrogeno, un’altra molecola di ampio utilizzo e la cui produzione è al momento molto costosa.
RIFERIMENTI