Una cosa di cui mi sono reso conto mentre scrivevo Tutta Questione di Chimica è quanto sia difficile parlare di chimica senza parlare di chimici. Non che sia impossibile, ma così facendo si spoglia la scienza di gran parte del suo fascino. Per cui oggi voglio raccontarvi la storia di una chimica, Clara Immerwahr, una storia che purtroppo si concluderà in modo tragico.
Ventidue dicembre 1900. Il primo anno del nuovo secolo sta finendo, è un periodo di grande fermento culturale, politico e scientifico. Solo una settimana prima, il 14 dicembre, Max Planck ha annunciato al mondo la sua soluzione al problema del corpo nero, il primo seme della futura meccanica quantistica. Marie Curie è al lavoro, con suo marito, sull’isolamento del Radio dalla Pechblenda, che completerà due anni più tardi. Qualche mese prima, il 29 luglio, l’anarchico Gaetano Bresci aveva ucciso il Re Umberto I, il cui trono venne occupato dal figlio Vittorio Emanuele III. L’impero britannico era coinvolto nella seconda guerra boera. E in Germania?
In Germania il Kaiser Gugliemo II regnava e diede un grande impulso allo sviluppo delle scienze. Proprio in Germania inizia la nostra storia di oggi, a Breslovia, dove il 22 dicembre 1900 Clara Immerwahr sostenne davanti alla stampa e ai professori dell’Università locale la sua tesi di dottorato, nella quale aveva effettuate alcune misure chimico-fisiche che confermavano il brillante lavoro di Walther Nernst, il grande padre dell’elettrochimica. Proclamata dottore in chimica, con il massimo dei voti e la lode, Clara era appena diventata la prima donna a conseguire il dottorato all’Università di Breslovia, in un mondo in cui l’educazione femminile era ancora una corsa ad ostacoli.
Le donne prussiane non potevano infatti nemmeno frequentare le stesse scuole prestigiose che frequentavano i ragazzi, ed erano costrette a un’educazione portata avanti in istituti femminili che si limita
vano a fornire loro il “minimo indispensabile” necessario per una sposa fedele e sottomessa, come ci si aspettava all’epoca. Ma Clara non era decisamente il tipo da corsi di ricamo e cucito, e grazie anche al sostegno della famiglia riuscì a studiare con dei precettori privati e a superare l’esame per il diploma, l’Abitur, sostenuto davanti a una commissione speciale.
Già, perché non era così semplice sostenere l’esame, come non lo fu l’iscrizione all’Università. Anzi, a dirla tutta, non ci fu nessuna iscrizione, dato che fino al 1908 era impossibile per una donna iscriversi. Le signore erano tollerate al massimo come uditrici esterne dei singoli corsi, e la loro presenza non solo doveva essere autorizzata dal docente, ma richiedeva uno speciale permesso ministeriale per ogni singolo esame.
Comunque, all’Università Clara si innamorò perdutamente della chimica-fisica, incoraggiata da uno dei suoi docenti, nonché futuro relatore: Richard Abegg.
La nascita della chimica-fisica
Sulla questione della chimica-fisica vorrei soffermarmici un attimo, perché è proprio in quegli anni che nacque questa disciplina. Contrariamente alla fisica, che aveva già raggiunto una sua completa maturità in termini di strumenti di indagine e di analisi, la chimica alla fine dell’Ottocento era ancora una scienza giovane.
Solo nella metà del ‘700 iniziò ad assumere le sembianze di una scienza, e solo alla fine del secolo, con l’opera di Lavoisier, possiamo dire che nacque la chimica moderna e scientifica. Durante tutto l’Ottocento i chimici fecero enormi passi in avanti, ma il loro approccio era molto più descrittivo che analitico. La chimica assomigliava più alla botanica che alla fisica, occupata com’era a catalogare elementi, molecole e reazioni, senza interessarsi di trovare delle giustificazioni per i comportamenti osservati. Il grande cambiamento arrivò proprio alla fine del secolo, grazie a chimici come Wilhelm Ostwald che spinsero per utilizzare i potenti metodi della fisica anche per analizzare i problemi chimici.
“La chimica-fisica non è un ramo dell’albero della conoscenza, ma il suo fiore più prezioso”
Era nata così la chimica-fisica, che ebbe in Ostwald e Nerst i suoi più famosi padri. Proprio in questo periodo effervescenza capitò Clara, affascinata dal lavoro di Abegg, scienziato poco noto ma che gettò le fondamenta per la futura teoria dell’ottetto e che accolse la giovane donna come assistente nel suo laboratorio, permettendole così di ottenere il dottorato.
Qui si conclude il capitolo più felice della vita di Clara. Nel 1901 Clara partecipò a un congresso della Società Tedesca di elettrochimica, dove incontrò una sua vecchia conoscenza giovanile, Fritz Haber. Haber è probabilmente il più famoso chimico del Novecento, per due ragioni contrapposte: sviluppò il processo di sintesi dell’ammoniaca che porta il suo nome – che gli valse il premio Nobel per la chimica nel 1921 – e teorizzò e mise in pratica il concetto di guerra chimica e di arma chimica.
Il processo Haber-Bosch per la sintesi dell’ammoniaca è stato uno dei più grandi contributi della chimica all’umanità, perché ammoniaca economica vuole dire fertilizzanti economici, e da fertilizzanti economici deriva la produttività agricola necessaria per sostenere il boom economico del ‘900.
Fine dei giochi
L’incontro con Haber segnerà un punto di svolta nella vita di Clara Immerwahr. Mentre nello stesso periodo Marie e Pierre Curie lavoravano assieme nel loro laboratorio, da pari a pari, non altrettanto si potrà dire di Clara e Fritz, il cui matrimonio fu fondato sulla personalità forte e assertiva di Haber, che non lasciò alla moglie alcuno spazio personale di indagine.
“Ho sempre pensato che una vita valga la pena di essere vissuta solo se si è fatto uso di tutte le proprie abilità e se Si sono provate tutte le esperienze che la vita umana ha da offrire. È stato anche per questo impulso, tra le altre cose, che ho deciso di sposarmi. Ma la gioia che ne ho tratto è stata breve, e la ragione principale è stata il modo opprimente di Fritz di mettersi al primo posto nella nostra casa e nel nostro matrimonio, così che una personalità meno spietata e sicura di sé fosse semplicemente distrutta.”
Costretta dal marito ad abbandonare le sue ambizioni e relegata a fargli semplicemente da segretaria, la situazione peggiorò con la nascita del loro primo e unico figlio, Hermann, nel 1902.
Allo scoppio della Prima Guerra mondiale Fritz Haber, che nel frattempo aveva avuto una carriera scientifica piena di successi, decise di votare il suo genio alla causa militare e patriottica (oggi diremmo “sovranista”) della Germania, e lo fece… inventando la guerra chimica. Si arruolò e convinse i più alti gradi militari dell’importanza della guerra chimica.
Il 22 aprile 2015 Haber era a Ypres, in Belgio, dove per la prima volta 167 tonnellate di cloro gassoso vennero rilasciate Sul campo di battaglia. Il successo della sua iniziativa gli fece guadagnare il grado di capitano, ma perdere la moglie, che si suicidò con un colpo di pistola al petto quando Haber ritornò a casa festeggiante dopo la Sua impresa. Fu il figlio tredicenne a trovarne il cadavere.
Immerwahr era fortemente contraria al lavoro del marito sulle armi chimiche, che giudicava come la perversione di una scienza che mirava a svelare i segreti della vita. Il suo suicidio passò largamente inosservato, e solo dopo una Settimana dalla Sua morte apparve un trafiletto su un piccolo quotidiano locale.
“La moglie del dottor Haber, che al momento è impegnato al fronte, si è sparata ponendo fine alla sua vita. Ignoti i motivi del suo gesto”.
Lei, che il 22 dicembre 1900 aveva attirato la stampa nell’Aula Magna dell’Università, prima donna a ottenere un dottorato, promettente chimica-fisica, morì il 2 maggio 1915 senza avere nemmeno diritto al proprio nome nel necrologio.
Riferimenti
Clara Haber, nee Immerwahr (1870–1915): Life, Work and Legacy
Margit Szöllösi-Janze, Fritz Haber, 1868-1934: eine Biographie